Tecniche di raccolta varie confondono portata dell’inquinamento da plastica
La grande diversità di tecniche e metodi scientifici utilizzati nello studio della contaminazione dei mari e degli oceani da parte delle microplastiche limita le attuali conoscenze di questo grave problema ambientale, la cui dimensione potrebbe essere maggiore di quanto stimato. È la conclusione a cui è giunta Laura Simón, ricercatrice presso l’Istituto di Scienze e Tecnologie Ambientali dell’Università Autonoma di Barcellona (ICTA-UAB). Le conclusioni, compilate dall’Agenzia SINC, rivelano che i livelli di microplastiche nel Mediterraneo sono probabilmente superiori alle stime, ma i metodi utilizzati non hanno consentito di registrarli.
La revisione ha rilevato che dei 3.000 campioni raccolti nell’ultimo decennio, l’82,8% è stato prelevato in aree costiere, quindi la comunità scientifica ha meno prove per comprendere la distribuzione delle microplastiche in mare aperto. Inoltre, per campionare le acque superficiali, finora sono state utilizzate reti con maglie di 200 micron o più, e in questo modo le particelle più piccole non possono essere catturate.
Gli studi condotti fino ad oggi stimano che il Mar Mediterraneo contenga 84.800 microplastiche per km2 nelle sue acque superficiali, circa 300 microplastiche per chilogrammo di sedimento marino e 59 microplastiche per chilogrammo di sabbia della spiaggia. In questo senso, il team sottolinea l’importanza di definire un quadro comune che consenta di confrontare i risultati e combinare metodi per poter caratterizzare l’ampio spettro di inquinanti plastici nel Mar Mediterraneo e i loro potenziali impatti. Allo stesso modo, richiedono una maggiore collaborazione internazionale tra i paesi mediterranei, poiché attualmente la parte orientale del bacino e il Nord Africa sono stati campionati in misura minore.
Tecniche di raccolta varie confondono portata dell’inquinamento da plastica