Il Centro per le indagini sui mammiferi marini spiaggiati, C.re.Di.Ma., con sede a Genova, dell’Istituto zooprofilattico di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta ha sviluppato l’ipotesi che la moria di cetacei nei mari italiani sia dovuta anche a trivellazioni sottomarine e alluvioni. Le stime della Banca dati spiaggiamenti dell’Università di Pavia e del Museo di storia naturale di Milano dicono che nel 2015 e nei primi mesi del 2016, ad arenarsi sulle nostre spiagge sono stati 156 cetacei. Ai primi posti Sicilia con 28 esemplari, Toscana 21 ed Emilia-Romagna 24, mentre in Liguria sono state ritrovate solo nove stenelle striate nel tratto tra Imperia e Savona. Gli animali sono stati segnalati anche grazie a foto e messaggi inviati da smartphone e cellulari. “Per il 50 per cento dei cetacei spiaggiati non riusciamo a individuare la causa della morte – ha detto il direttore generale dell’Istituto zooprofilattico, Maria Caramelli -. Le cause potrebbero essere varie”. “Se non certamente estendibile ai cetacei, è certo però che le forti vibrazioni prodotte dalle trivelle causano emorragie nei calamari. Poi ci sono le alluvioni, attraverso le quali giungono in mare sostanze velenose che possono intossicare gli animali marini, in particolare i cetacei”. Tra le malattie riscontrate su 56 soggetti spiaggiati ci sono morbillo, herpes, toxoplasmosi. Ad intervenire sono stati i ministeri di Ambiente e Salute tramite un decreto che farà sì che a breve sarà organizzato un tavolo nazione di esperti per uniformare le procedure delle autopsie. Inoltre, saranno stilate linee di intervento standardizzate in caso di sversamenti a mare di petrolio.