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Home Pesca

UE-pesca. WWF, nuovo report segnala potenziali rischi per import illegale

Mariella Ballatore by Mariella Ballatore
7 Febbraio 2018
in Pesca
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Per la prima volta in un Rapporto pubblicato da EJF, Oceana, Pew e WWF si analizza il flusso di importazioni dei prodotti ittici nei paesi UE dal 2010, data in cui è entrato in vigore il Regolamento INN (contro la pesca illegale non dichiarata e non regolamentata). In questi 7 anni 25 sono i paesi che hanno ricevuto dalla Commissione UE un “cartellino giallo” per non aver intrapreso azioni tese a contrastare la pesca INN, in linea con gli standard internazionali, mentre per 3 di questi permane una situazione di “cartellino rosso”.

Dal 2010 una serie di paesi hanno ricevuto degli avvertimenti – i cosiddetti cartellini gialli – per non aver apportato i miglioramenti richiesti nella gestione delle risorse ittiche. La maggior parte di questi ha però adottato delle riforme radicali, in seguito alle quali i cartellini gialli sono stati ritirati. Altri paesi invece, sono risultati completamente inadempienti e hanno ricevuto un cartellino rosso accompagnato dalle relative sanzioni, quali il divieto di importare prodotti ittici nell’UE.

Il WWF ricorda che la pesca illegale e non regolamentata è una piaga che affligge molte aree: metodi non selettivi o distruttivi, pesca eccessiva, hanno effetti nefasti non solo sulla biodiversità ma anche sul benessere e lo sviluppo delle popolazioni locali, alimentando ulteriormente povertà e spinta alle migrazioni.

Il Report mostra delle fluttuazioni nell’import in UE che appaiano direttamente correlate all’ applicazione del Regolamento INN: osservando i flussi commerciali “ad alto rischio” in entrata in UE, ossia sulla probabilità che siano presenti prodotti ittici pescati in violazione delle norme vigenti in materia di pesca, il Rapporto mostra come, carenze nei controlli sulle importazioni (provenienti da paesi terzi) negli stati europei, e norme non uniformi, possano creare una via d’ingresso nel mercato europeo di prodotti non conformi.

Ad esempio, a seguito dell’assegnazione del “cartellino giallo” (che avviene nel caso vi siano sospetti di metodi di pesca illegali) a paesi terzi esportatori, si rileva uno spostamento dei flussi commerciali intra-UE tra gli Stati membri, di prodotti ad alto rischio. Questo rende urgente il miglioramento del coordinamento e dell’armonizzazione dei controlli sulle importazioni negli Stati membri.

In Italia, ad esempio, in seguito all’assegnazione del “cartellino giallo” ad alcuni paesi (come nel caso del tonno pinna gialla importato dal Ghana nel periodo 2005-2016) è stato rilevato un aumento delle importazioni in particolare, per prodotti ittici di elevato valore commerciale – come il pesce spada e il tonno – provenienti da oltre la metà dei paesi terzi analizzati.

È accaduto anche per il Portogallo, con un aumento delle importazioni da parte di paesi terzi in seguito all’assegnazione del cartellino, che spesso coincide con un calo delle importazioni in Spagna degli stessi prodotti ittici come pesce spada, squalo e surimi. L’analisi dei flussi commerciali interni all’UE indica anche che il Portogallo potrebbe essere stato utilizzato come punto d’ingresso per prodotti destinati alla Spagna, rendendo difficile per le autorità spagnole verificare l’origine legale di questi prodotti ittici già immessi sul mercato europeo.
Sono evidenziati nell’analisi picchi casuali e altre anomalie anche negli scambi commerciali che interessano altri paesi europei, sebbene questi ultimi non siano classificati tra i maggiori importatori di prodotti ittici (ad es. Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Lettonia, Lituania e Polonia). Questi trend suggeriscono che gli operatori commerciali potrebbero essere in grado di sfruttare quei confini dell’UE che sono più permeabili, per importare prodotti per i quali, il rischio di provenire da pesca illegale, è potenzialmente più elevato.

Per questo gli Stati membri, di transito e di destinazione, devono coordinarsi per garantire che i certificati di cattura, emessi per le importazioni di prodotti ittici, vengano esaminati con maggiore attenzione. Inoltre, è importante che vengano effettuati in modo coerente monitoraggi e controlli rigorosi sulle importazioni lungo i confini dell’UE, e che questi interessino anche i paesi più piccoli. Sarebbe fondamentale l’adozione di un sistema informatico europeo, che possa facilitare un controllo sulle importazioni dei prodotti ittici nei paesi dell’Unione che sia armonizzato, coordinato e basato sul rischio: la sua istituzione dovrebbe diventare un compito prioritario sia della Commissione Europea che degli Stati membri.

Per Donatella Bianchi, presidente WWF Italia: “Contrastare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN) è necessario per salvaguardare gli stock ittici e gli habitat marini, e per creare un vantaggio per i pescatori onesti e le comunità costiere, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Una battaglia da combattere in mare come a terra, agendo su tutti i passaggi di filiera e l’Italia, con la sua grande vocazione marittima, deve diventare esempio virtuoso di applicazione del regolamento UE. La mancata o parziale tracciabilità dei prodotti nasconde inoltre altre insidie, come la qualità del pescato, elemento essenziale per i consumatori. Le autorità preposte dovrebbero, infatti, assicurare controlli adeguati sui prodotti importati da paesi sotto la lente d’ingrandimento della CE anche nel rispetto della sicurezza alimentare”.

Isabella Pratesi, Direttore Conservazione WWF Italia, commenta il Rapporto: “Alla luce di questa analisi sui paesi europei, sembra che l’Italia possa essere uno dei possibili punti di ingresso nell’UE di prodotti ittici ad alto rischio di provenienza da pesca illegale. Chiediamo pertanto al governo italiano di migliorare le procedure di controllo nel rispetto del regolamento contro la pesca INN e assicurare che esse vengano applicate in modo rigoroso e uniforme.
Anche l’industria deve fare la sua parte, ad esempio, attraverso l’approvvigionamento di prodotti ittici solo da paesi che si impegnano nella lotta contro la pesca illegale. L’industria dovrebbe concentrarsi sulla tracciabilità della filiera ittica come sistema di prevenzione contro lo sfruttamento illegale delle risorse, contribuendo così ad un sviluppo sostenibile dei paesi più poveri”.

Tags: pesca illegale
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Co-founder e Direttrice di redazione. Pubblicista dal 2006 racconta il mondo da oltre un trentennio attraverso giornali, televisione e radio. Come conoscitrice del settore pesca e acquacoltura è stata più volte invitata a moderare e relazionare in convegni organizzati tra gli altri dalla Conferenza Episcopale Italiana – Ufficio nazionale dell’Apostolato del Mare, AquaFarm, Blue Sea Land.

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