“Il comparto ittico mostra una crescita della spesa inferiore alla media. Gli incrementi nel 2020 sono stati del 6,7% ma solo grazie a un’importante ripresa nella fase finale dell’anno che ha consentito di attenuare le flessioni rispetto al 2019 registrate in alcuni mesi (aprile e luglio). Queste, sono state conseguenza della discontinuità della disponibilità di offerta di prodotto fresco, inizialmente per motivi logistici e nei mesi estivi per la maggior richiesta da parte dei ristoranti.
Nel comparto è il pesce fresco (49% sul totale) l’unico segmento in lievissima flessione (-0,1%), a fronte di una crescita del 16% del prodotto congelato (circa il 20% del totale). Nell’ultimo mese dell’anno, la spesa per i prodotti ittici è stata comunque la più dinamica tra tutti i comparti (+21%), permettendo alla media su base annua di avvicinare quella degli altri settori”.
Questo testualmente è lo spaccato relativo al comparto ittico emerso dal IV Rapporto sulla domanda e l’offerta dei prodotti alimentari nell’emergenza Covid-19 pubblicato da Ismea lo scorso 26 febbraio.
Il rapporto analizza l’impatto del Covid-19 sul settore agroalimentare evidenziando altresì i mutamenti della società a seguito della pandemia.
I supermercati risultano essere la principale fonte di approvvigionamento (41% dei volumi totali) con un incremento delle vendite di oltre il 9,4 per cento. Le chiusure di ristoranti e bar a causa del lockdown, hanno accelerato su nuove abitudini di acquisto determinando per cosiddetti negozi di prossimità un aumenti delle vendite del 18,9 per cento.
“I negozi di vicinato sembrerebbero avere capitalizzato le opportunità offerte dalla pandemia, riuscendo a mantenere una parte della clientela acquisita nei periodi di maggiore difficoltà”, si legge nel rapporto Ismea.
Per quanto riguarda la GDO i discount hanno avuto la meglio (+15%) poiché oltre ad una diffusione capillare riescono a garantire prezzi bassi mentre gli ipermercati hanno registrato un segnale negativo dello 0,8%.
Così come erra prevedibile, il lockdown ha spinto ulteriormente su una tendenza che era già in atto, la vendita online, determinando un incremento annuo del 117% , praticamente 28 volte superiore alla performance dei canali fisici, con un contributo alla crescita del 13% nelle categorie alimentari.