ISMEA. Il carrello della spesa ai tempi dell’inflazione – L’Osservatorio ISMEA NielsenIQ, lo scorso dicembre ha pubblicato un report sui consumi alimentari degli italiani nei primi 9 mesi dell’anno. La crescita dello scontrino si è limitata a un +4%, grazie alle strategie di risparmio messe in atto dalle famiglie.
Dai tagli generalizzati delle quantità acquistate che oscillano dal -1% del latte fino al -31% del pesce fresco, allo spostamento delle preferenze verso i prodotti dal valore unitario più basso, dal parziale abbandono del canale digitale al maggiore orientamento verso i discount e i prodotti a marca del distributore; sono molte le contromisure adottate per limitare l’impatto della spinta inflattiva, che si conferma a novembre all’11,8%.
Gli alimenti verso i quali i consumatori tendono ad orientarsi sono quelli di largo consumo come pasta e uova che sono tra le poche referenze a non aver subito riduzioni delle quantità acquistate, nonostante i rincari. Per la pasta i volumi rimangono stabili, a fronte di un esborso maggiore del 22%, mentre i consumi di uova aumentano del 3,3% in quantità e del 10,1% in valore. Al contrario subiscono una battuta d’arresto i cibi etnici, le varie tipologie di “free from” (senza glutine, senza lattosio, senza sale, ecc.) e i cibi già pronti.
Osservando invece le dinamiche della spesa presso la Grande distribuzione, si rilevano diminuzioni solo per il pesce (con punte del -6,9% per quello fresco) e per gli alcolici. Più nello specifico, flettono gli acquisti in valore di vino (-4,6%), spumanti e champagne (-1,9%) e, in misura più lieve, della birra (-0,8%), anche di riflesso al ritorno delle occasioni di consumo fuori casa.
Tra le tipologie di famiglie acquirenti sono quelle giovani con figli molto piccoli a incontrare le maggiori difficoltà economiche e a dover introdurre strategie di risparmio volte a contenere gli aumenti di spesa e addirittura a contrarla (-13,7% rispetto al pre-Covid).
Per i prodotti ittici nel complesso si assiste a un calo di spesa complessivo del 3,4% su cui pesa in maniera determinante il calo di acquisti del pesce fresco (-6,9% ). A prima vista l’atteggiamento sembra riflettere più un aspetto “percettivo” che una scelta ragionata. Nel tentativo di contenere la spesa totale, il pesce sembra infatti che per alcuni consumatori sia stato la “vittima sacrificale”, è infatti l’unica categoria in cui le rinunce in termini di volume hanno determinato una flessione dell’esborso finale. In cedimento non solo il segmento del fresco ma anche quello dell’affumicato (-0,8%) e del surgelato (-3,6%). Di contro tiene bene il tonno in scatola per il quale i volumi venduti sono in ulteriore aumento (+0,8%) con una spesa che aumenta del 5,5%. Nel segmento del fresco emerge il caso del salmone per il quale l’incremento del prezzo arriva a toccare il 25% e per il quale i consumatori hanno contratto i volumi nel carrello del 31%. Meno pesanti i rincari sul pesce di allevamento quale l’orata per la quale a fronte di un aumento di prezzo del 10% si è registrata una contrazione dei volumi acquistati del 7,6%.
ISMEA. Il carrello della spesa ai tempi dell’inflazione