Il consumo e la lavorazione del pesce crudo è una pratica da sempre diffusa nella cultura orientale in quanto, si pensa che il pesce crudo sia “meglio” di quello cotto con i vari metodi della cucina occidentale. Questa pratica in oriente si è diffusa con la credenziale che il pesce pescato in determinate zone (vedi Giappone) sia altamente salutare e che quindi, sia possibile un suo consumo crudo.
Proprio agli inizi degli anni ’90 si registra uno dei primi casi importanti di malessere causato dall’ingestione di pesce crudo e, all’epoca, si trattava del consumo del famoso “Fugu” o normalmente noto come pesce palla; questo pesce contiene tetradossina, sostanza velenosa anche per il corpo umano. Numerosi sono stati i casi di malessere da parte di chi consumava questo pesce, allora nuovo sulle tavole occidentali ma non su quelle orientali. Da allora, i controlli sui prodotti ittici e sulle problematiche sanitarie a loro connessi sono aumentati.
Alla luce di tutto ciò bisogna comunque tenere conto di diversi fattori in quanto, il pesce crudo ma, allo stesso modo il pesce in se stesso, può essere contaminato da diversi agenti patogeni o microrganismi in grado di innescare ceppi di infezioni e tossinfezioni, con conseguenze piuttosto serie sulla salute di chi lo consuma. Solitamente le infezioni o tossinfezioni sono provocate da agenti patogeni di origine batterica quali salmonella, vibrio, listeria ed escherichia e possono essere presenti anche in altre tipologie di prodotti ittici quali crostacei, cefalopodi e, in alcuni casi, anche molluschi (cozze e ostriche in particolare). Oltre a questi batteri, il rischio maggiore per chi consuma pesce crudo si chiama Anisakis (anisakiosi).
Anisakis, Pseudoterranova e le altre batteriosi trasmissibili
L’anisakis simplex è organismo patogeno facente parte della famiglia dei nematodi. L’anisakis è riscontrabile oltre che nei pesci anche nei cefalopodi; basti pensare che proprio in quest’ultimi è più alto il rischio di contrarre l’anisakiosi, in quanto, nell’area mediterranea, si è soliti consumare questi cefalopodi in insalate o preparazioni crude (seppie crude con verdure). Questo perchè, proprio i cefalopodi, possono risultare infestati da larve di anisakis e pseudoterranova (p.decipiens), un altro nematode. Attualmente l’anisakiosi conseguente al consumo di cefalopodi è indicata come zoonosi emergente a livello mondiale. Questa zoonosi è presente anche nei crostacei, soprattutto se non manipolati a dovere, rispettanto le normali procedure igieniche stabilite dall’ASL veterinaria di zona. A causa della cattiva manipolazione, nelle carni del pesce (maggiormente in cefalopodi e crostacei) può essere presente l’agente infettivo del Vibrio (V. cholerae). Anche il patogeno Listeria (L.monocytogenes) è presente nelle carni dei pesci e dei cefalopodi (soprattutto seppie). Per quanto riguarda i diturbi creati dall’ingestione di pesce crudo “infetto”, questi si manifestano con diversi aspetti sintomatologici: forti dolori addominali accompagnati nausea e vomito e mal di testa sono i classici sintomi di un infezioni da anisakiosi e, in questo caso, è bene affidarsi alle cure immediate di un medico anche se spesso la cura dell’anisakis è possibile solo chirurgicamente. Infatti, questo nematode, risulta bene visibile sulle carni del pesce. L’anisakis, cosi come gli altri agenti patogeni è presente nel tratto intestinale dei mammiferi marini (Pinnipedi e Delfinidi) e, in diverse specie di Sgombridae (tonno e sgombro) e in pesci di comune reperibilità commerciale come salmone, acciughe, merluzzo. Da notare quindi come questo nematode ma anche gli altri seguano un vero e proprio ciclo vitale in concomitanza di quello degli organismi che ospitano a loro insaputa i parassiti. È comunque necessario, in base ai patogeni presenti e che possono esserlo, attuare una serie di protocolli o piani di controllo da poter essere inseriti dagli operatori ittici, al fine di garantire la massima sicurezza.
L’ Acquacoltura come garanzia di sicurezza alimentare
È bene comunque sottolineare come, il tema delle malattie trasmesse dai pesci all’uomo non sia una novità piuttosto eclatante; da tempo sappiamo che i pesci dei nostri non sono poi cosi “puri” come si pensa, a causa dell’assorbimento da parte di quest’ultimi di sostanze dannose per la salute umana quali mercurio o idrocarburi. Sicuramente l’acquacoltura a circuito chiuso gioca un ruolo determinante a favore della salute umana in quanto viene prodotto sempre del pesce ma con caratteristiche diverse da quello pescato in mare aperto.
Questi i punti fondamentali:
1. Il pesce allevato in impianti a circuito chiuso non è a contatto continuo con queste sostanze, grazie anche a sistemi di filtraggio sempre più innovativi.
2. Vige un maggior controllo della salute stessa del pesce, evitando cosi l’innesco di ceppi di patologie, alcune trasmissibili all’uomo con il consumo di carni del pesce.
3. Il cibo fornito ai pesci viene accuratamente controllato, al fine di rispettare le esigenze specifiche degli animali e cosi garantire un prodotto completo al consumatore finale senza rischi alcuni.
Pertanto possiamo definire l’acquacoltura moderna e, più nello specifico, quella a circuito chiuso, come una valida alternativa al prodotto presente in mare sia in materia di sicurezza e, a volte, di qualità.
Per quanto riguarda la trasformazione del prodotto per il consumatore finale, l’attuale normativa CEE 96/2406 stabilisce come, prima della trasformazione, viene effettuata dagli operatori dell’impianto di allevamento, un’attenta selezione dei pesci per la lavorazione in base ai criteri stabiliti da questa normativa, in materia di controllo qualità e freschezza del prodotto; questi criteri si basano su controlli organolettici del pesce, quindi controllo degli occhi (vispi e non incavati), odore (classico odore di “mare”), opercoli branchiali (colore rosso e non marrone), solo per citarne alcuni.
Dopo di che, se il prodotto è destinato alla spedizione per intero, viene contrassegnato con un bollo CEE dall’operatore ASL, che garantisce il rispetto delle varie procedure di controllo. Nel caso il prodotto sia destinato alla lavorazione, sulla confezione o imballo del prodotto verrà immessa un’etichetta contenente i dati quali provenienza del pesce, specie, e il relativo marchio che attesta l’esito positivo di tutti i controlli sanitari effettuati.
Infine, è doveroso fare un appunto sul tema acquacoltura. Come abbiamo visto l’acquacoltura è un settore ampio e in forte crescita e sarà cosi per molto tempo ancora ma, solo se l’Unione Europea metterà a disposizione fondi adeguati all’incremento di questa nuova industria ittica. Con la crisi economica, diversi allevatori hanno dovuto chiudere bottega a causa delle società bancarie che hanno diminuito i fondi e spesso, non fornirli proprio a chi ne faceva richiesta. La situazione sembra migliorare ma senza un apporto economico adeguato, l’acquacoltura come attività diminuirà fino a scomparire. Sicuramente una perdita gravissima, visto la panoramica attuale dell’acquacoltura, che viene considerata come “ancora di salvezza” per poter assicurare al consumatore finale (e soprattutto ai nostri figli) la genuinità e la sicurezza del consumo di un prodotto quale è il pesce (soprattutto quello dei nostri mari).
Enzo Alibrandi
TERRAQUA