La bussola. Monitoraggio e sorveglianza sulla pesca – Sono passati parecchi decenni da quando con la storica legge organica sulla pesca del 1965 si introdusse la previsione di una vigilanza specifica sotto forma di sorveglianza sulla pesca e sul commercio dei prodotti di essa e l’accertamento delle infrazioni individuando, altresì, i compiti e gli Organi incaricati. Ma con l’assoggettamento della materia della pesca in capo alla Comunità Europea, attraverso l’istituzione di una Politica Comune della Pesca (PCP), si è passati all’emanazione di un “regime di controllo” comunitario. Pertanto, allo stato attuale, secondo l’organizzazione comunitaria, disponiamo di un regolamento del Consiglio del 2009 che istituisce il suddetto regime, e di un Regolamento della Commissione del 2011 che ne stabilisce le modalità operative.
È bene focalizzare, innanzitutto, cosa intendano gli Organi Comunitari per controllo: le azioni di monitoraggio e di sorveglianza. Segue poi il termine di ispezione, essa intesa come verifica del rispetto delle norme e registrata in un apposito rapporto.
Bisogna fare attenzione però che, spesso, nel linguaggio comune i termini di monitoraggio, di sorveglianza e di ispezione si interscambiano (il monitoraggio può essere considerato una forma di sorveglianza continua, incessante e la sorveglianza può essere intesa anche quella esercitata attraverso le ispezioni) e, talvolta, si sovrappone anche il termine di vigilanza per cui la loro distinzione non deve essere mai persa di vista.
Possiamo così affermare che:
– Il monitoraggio si traduce essenzialmente in una raccolta, adesso quasi esclusivamente telematica, di dati e di informazioni ed ha funzioni di carattere gestionale;
– La sorveglianza è quella esercitata attraverso avvistamenti o rilevamenti;
– L’ispezione è l’atto pratico di esame, accertamento diretto, condotto da persone all’uopo abilitate e descritto in un apposito rapporto che costituisce fonte di prova.
Mentre sia la sorveglianza che l’ispezione hanno da sempre costituito il cardine delle attività di controllo, sotto la spinta comunitaria si è manifestata sempre più l’esigenza della raccolta di tutti quei dati e di quelle informazioni che potessero mettere nelle condizioni di valutare il raggiungimento degli obiettivi della PCP.
Pertanto, oltre alle tradizionali campagne di ricerca scientifica, utili soprattutto per verificare direttamente lo stato di salute degli stocks ittici, si sono nel tempo implementati metodi di raccolta dati soprattutto sull’asse catture-sbarchi-commercializzazione. In poche parole gli Organi Comunitari si sono concentrati sulla necessità di disporre di un quadro costante sulla reale consistenza delle catture appoggiandosi ai metodi ed alle tecnologie che si andavano rendendo disponibili. Così dalle “dichiarazioni statistiche”, istituite in Italia dalla metà degli anni 80, si è passati ai “log-book” comunitari, anch’essi in forma cartacea, quindi il passaggio all’era digitale con l’avvento dei cosiddetti “tablet” per arrivare agli attuali “e-logbook” disponibili con un’apposita applicazione da installare su dispositivi elettronici personali.
A fianco del rilevamento delle catture abbiamo un altro, sviluppato, sistema di monitoraggio, tecnologicamente precedente a quello delle catture e degli sbarchi, rientrante proprio nella fattispecie della sorveglianza continua: il sistema di rilevamento satellitare dei pescherecci che consente di avere a disposizione, con una certa frequenza, i dati in tempo reale sulla posizione e sui movimenti di essi che poi vengono archiviati in un apposito database. Quindi un monitoraggio “geografico” che, integrato con quello delle catture, può consentire l’attuazione di eventuali misure gestionali in determinate zone di pesca.
Da questa breve panoramica si evince, quindi, una decisa evoluzione tecnologica nel sistema dei controlli. Inizialmente, nel corso della loro applicazione e mantenimento, si è riscontrato l’insorgere di una certa insofferenza verso queste nuove forme di controllo, a volte motivata da penalizzanti problematiche tecniche o di carattere amministrativo che, gravando sensibilmente, non hanno certamente contribuito a creare un clima adatto.
Quindi, se da un lato questa evoluzione si può considerare inarrestabile, dall’altro lato non si può sottacere il forte impatto negativo sul tessuto culturale delle marinerie italiane causa anche l’elevata età media degli operatori della pesca. Ma la questione non sta solo nell’aspetto anagrafico in sé stesso. Pur tenendo conto che in Italia già da oltre un ventennio si discuteva sulla necessità di creare i cosiddetti “distretti di pesca”, tuttavia l’avvento di questo regime “avanzato” di controllo comunitario si è verificato, e si sta realizzando, in un’epoca in cui le sorti economiche dell’attività di pesca non erano, e continuano a non essere, certamente rosee. In questo contesto, proprio in virtù dell’aspetto culturale di cui si è accennato in precedenza, anche la stessa applicazione della tecnologia viene percepita dagli operatori in maniera invasiva rispetto al diritto inviolabile, sancito peraltro anche dagli stessi Organi Comunitari, di esercitare la professione nel campo della pesca.
Dunque, quali conclusioni si possono trarre? Il nocciolo non sta direttamente sui controlli in sé stessi pur in considerazione dell’enorme mole di lavoro che gli Organi Comunitari hanno speso in tal senso, dando una impressione quasi “aggressiva”, ma che in realtà è stata incentrata sulla esigenza della trasparenza e sulla omogeneità nonché sull’etica dei controlli stessi. L’attenzione va spostata invece sulle regole fissate dalla PCP che, ricordiamo, sono state approvate secondo la Costituzione Comunitaria e che, pertanto, se ne ricorrono i presupposti, possono essere messe in discussione e modificate.
Si deve agire, infine, verso un deciso e ben incentivato ricambio generazionale che, seguendo il naturale sviluppo tecnologico generalizzato, soprattutto nella pesca industriale che costituisce la principale osservata speciale nell’ambito dei controlli, darebbe un nuovo impulso innovativo alla pesca italiana anche verso quel tanto atteso sviluppo sostenibile.
La bussola. Monitoraggio e sorveglianza sulla pesca