Uno studio sul mercato ittico cinese rileva la dannosità delle riesportazioni – Uno studio cinese sul mercato ittico locale ha dimostrato che la domanda cinese di prodotti ittici è sovrastimata rispetto al necessario e che le riesportazioni rappresentano il 75% delle importazioni di pesce del paese.
Lo studio è stato redatto da un gruppo di economisti e accademici ed ha rilevato che il settore della trasformazione dei prodotti ittici in Cina minaccia la sostenibilità dell’industria ittica altrove facilitando un’errata etichettatura.
Stando allo studio, pubblicato su Science lo scorso gennaio 2022, la lavorazione da parte della Cina di pesce catturato e destinato alla riesportazione supera la lavorazione in altre parti del mondo. Allo stesso tempo lo studio stima che l’11% del commercio globale di prodotti ittici consiste in prodotti rappresentati da importazione in Cina e poi, successivamente, come importazione nel paese in cui vengono inviati a seguito di lavorazione in territorio cinese.
Le specie cinesi destinate semplicemente all’esportazione sono davvero poche, tra queste sardine, sgombri, polpi e tilapia. Altre specie, invece, vengono importate per fare consumo interno, come il salmone atlantico, o come nel caso del melù.
Lo studio fa emergere inoltre che le esportazioni cinesi di merluzzo ed eglefino sono superiori del 35% rispetto alle importazioni. Questa circostanza potrebbe essere aggirata, sempre secondo lo studio, sostituendo queste due specie con una di genere coregone dal valore economico inferiore, come per esempio lo stesso melù, specie per la quale non si rilevano esportazioni.
Oltre a questo, dallo studio risulta evidente come questo processo cinese volto alla riesportazione delle specie ittiche favorisce errate etichettature e il diffondersi sempre più consistente della pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.
In questo senso, ad esempio, molte sono le perplessità riguardo alla veridicità dei dati e sulle etichettature di specie come seppie o calamari e tonno. Nel caso di seppie e calamari, queste due specie rappresentano il 72 % di tutti gli sbarchi della flotta cinese d’altura, lo stesso vale per il tonno che invece rappresenta il 15,3 %.
In questo caso la tracciabilità è ritenuta come estremamente necessaria. Nonostante il sistema di cartellino rosso e giallo dell’UE e il programma di monitoraggio delle importazioni di pesce degli Stati Uniti rappresentino solo un inizio, secondo lo studio queste attività sono ancora insufficienti.
Uno studio sul mercato ittico cinese rileva la dannosità delle riesportazioni