La Fase 3 ci pone di fronte ad uno scenario impensabile frutto di una pandemia che ha sconvolto a tutti i livelli la popolazione globale.
Abbiamo imparato dal passato, soprattutto a seguito di due conflitti mondiali, che al termine di ogni periodo critico segue il momento di ripresa, il momento in cui si sperimentano i grandi cambiamenti nello stile di vita e nei consumi.
Come ci riprenderemo dal Covid-19 ancora non lo sappiamo, di sicuro nulla sarà più come prima e, per forza di cose, dovremo abituarci ad una “new normal”, una nuova normalità.
Le emergenze, sanitaria prima ed economica subito dopo, determinate dal Covid-19, hanno modificato l’approccio quotidiano di ognuno di noi con la tecnologia digitale, permettendoci un rapporto sempre più confidenziale con smart working, webinar, webconference, shopping online. Abbiamo compiuto un salto temporale di almeno dieci anni in avanti e soprattutto PMI e retail hanno tamponato, proprio grazie al digitale, un’emorragia economica senza precedenti.
Risultanza dei passati mesi di lockdown è la certezza che la capacità di adeguarsi alla repentina mutazione del digitale assicura la business continuity.
Abbiamo visto aziende di trasformazione del prodotto ittico abbracciare e-commerce e delivery nel tentativo, ben riuscito per chi non si è fatto trovare impreparato, di far fronte alla crisi.
La pandemia da coronavirus, con la sua dimensione globale, rappresenta uno spartiacque storico senza precedenti nel sistema economico. L’imprevista emergenza ha provocato una fulminea accelerazione dei processi digitali in atto ma, l’esponenziale aumento del commercio elettronico legato ai settori dell’alimentare soprattutto, ha mandato in blocco anche i sistemi già rodati della GDO che si è trovata a far fronte ad una domanda inedita.
Il trend è rimasto inalterato anche dopo il lockdown con un’ondata di acquisti online che oggi spingono le aziende verso il riassetto della struttura digitale e in questa direzione l’omnicanalità si pone come requisito essenziale. L’adozione di una strategia basata sulla capacità di gestire in tempo reale le richieste del cliente, online e offline, dalla scelta alla consegna del prodotto, richiede una profonda trasformazione nell’organizzazione e nella cultura di un’azienda.
Nel processo di evoluzione aziendale cambia anche la maniera di “comunicare” sia internamente sia al proprio pubblico. Le azioni del comunicare e del confrontarsi passano dalle video call alle webconference ai virtual summit arrivando persino ai virtual expo che prendono il posto delle fiere di settore: opportunità di business e di approcci per nuovi mercati di sbocco. Insomma la comunicazione è tarata sulle esigenze di una società che cambia e si evolve rapidamente per resistere alla crisi. E in tempo di decadenza economica comunicare i propri prodotti e servizi o il proprio brand risulta essere una scelta smart, intelligente, perché consente di uscire più velocemente dalla crisi e trarre vantaggio sui competitor.
Come sosteneva Steve Jobs, “investire nella pubblicità in tempo di crisi è come costruirsi le ali mentre gli altri precipitano”, un pensiero che trova perfetta collocazione nel periodo storico che stiamo attraversando. L’investimento va comunque ben ponderato e la comunicazione va indirizzata al giusto target di riferimento attraverso canali specializzati e appropriati, approfittando, quando è possibile, condizioni di agevolate messe in campo dai governi.
In Italia ad esempio con il Decreto Rilancio si è incrementato ulteriormente, rispetto al Cura Italia, il bonus pubblicità, portando il credito di imposta dal 30 al 50% del valore degli investimenti effettuati.
Lo sgravio è riservato alle imprese che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie. Per l’anno 2020, la comunicazione telematica di prenotazione per l’accesso al credito deve essere presentata tra l’1 e il 30 settembre.