Recentemente nel corso del “Come Dine with the Future” evento che ha avuto luogo al National Museum of Wales di Cardiff, alcuni illustri relatori hanno risposto ad un importante quesito. La domanda a cui hanno dovuto rispondere è stata: “Che cibo troveremo nei menù nel 2050?”
La loro risposta, forse sorprendente: molti prodotti ittici. In particolare, salmone, cozze, aragoste, gamberi, tilapia e alghe.
Organizzato dalla Sêr Cymru National Research Network for Low Carbon Energy and Environment e dalla Royal Society of Biology, l’evento si proponeva di esplorare la sostenibilità del nostro cibo nel corso dei prossimi 30 o 40 anni.
La giornalista alimentarista Diane Fresquez ha presieduto la giuria di esperti e ha chiesto ai partecipanti di fare un menu di tre portate di cibo tra quelli a loro avviso probabilmente disponibili nel 2050.
Il professor Achim Dobermann, direttore del Rothamsted Research, uno dei più antichi istituti al mondo di ricerca agricola, ha preparato discusso della sicurezza alimentare. Dobermann ha affrontato le questioni più rilevanti per il futuro della sicurezza alimentare: una popolazione mondiale in rapida crescita, il cambiamento climatico, le malattie delle piante e degli animali, le disuguaglianze che portano la fame e l’obesità e il commercio alimentare mondiale. Questi secondo il professore gli aspetti particolarmente rilevanti per il nostro futuro e la sicurezza alimentare.
In tutto il mondo, 1,3 miliardi di tonnellate di cibo sono sprecati ogni anno, mentre quasi un miliardo sono le persone denutrite e un altro miliardo soffre la fame. Dobermann ha sottolineato che vi è un urgente bisogno di nutrire il mondo in modo sostenibile, dato che la popolazione mondiale dovrebbe salire a 10 miliardi di persone entro il 2066.
Nei successivi interventi sono stati esaminati gli utilizzi delle più recenti tecniche scientifiche e pratiche come l’acquacoltura, l’ingegneria genetica, gli insetti intesi come cibo, l’agricoltura urbana e il food-sharing per nutrire in modo sostenibile la nostra popolazione in crescita.
Proponendo un menù interamente a base di mare, Grant Stentiford, ricercatore presso il Centre for Environment, Fisheries and Aquaculture Science, ha sostenuto la crescente importanza dell’acquacoltura nel nostro sistema alimentare ponendola in primo piano nelle diete globali del 2050. Nel suo menù Stentiford ha incluso cozze, salmone scozzese, aragoste.
Il salmone affumicato ha caratterizzato il menu di Helen Sang del Roslin Institute dell’University of Edinburgh. Sang ha pronosticato l’accettazione futura della modificazione genetica di pesce e carne, con la consapevolezza da parte della popolazione che si tratta di un passo necessario al fine di migliorare la nutrizione, la resistenza alle malattie di pesce, carne e coltivazioni.
Il professor Les Firbank della University of Leeds ha incluso nel suo menù il gambero americano servito in una paella. Egli sostiene che la raccolta di questa specie gustosa ma molto invasiva e in rapida crescita, contribuirebbe a tenerla sotto controllo.
Tom Webster, da GrowUp Urban Farms, ha suggerito torte di insetti per il suo antipasto, e poi tilapia e verdura, cresciute con il sistema aquaponic e vertical farming, il nascente business che oltre a nutrire le persone in città ha una ricaduta fortemente positiva per le comunità e per l’ambiente.
GrowUp Urban Farms ha una start-up a Londra che produce con successo pesce fresco, insalate ed erbe aromatiche tutto l’anno.
Webster ha parlato di sfide future piuttosto ambiziose orientate alla riduzione dei costi: “Stiamo cambiando il modo in cui il cibo è coltivato e distribuito in città e stiamo ricollegando le persone con la storia del cibo, dal campo alla tavola. Credo che questo modello sia destinato a crescere “.