Nella nuova etichettatura dei prodotti ittici è obbligatorio indicare gli attrezzi di pesca utilizzati per la cattura. Tuttavia, la maggior parte dei consumatori non sa realmente cosa siano e come si dividano i diversi attrezzi di pesca.
Nei sistemi a circuizione le reti a circuizione con chiusura (chiamate anche ciancioli) sono le più usate. La cattura del pesce avviene per accerchiamento del branco, che può essere anche attirato utilizzando una fonte luminosa (infatti si chiamano anche lampare) e può essere effettuata da una sola barca o da due. È utilizzata per pescare piccoli pelagici come sarde, sgombri e lampughe, ma anche per i grandi pelagici come tonno, alalunga, palamita.
Le reti da traino sono divise principalmente in due gruppi: a strascico (operano sul fondo) e pelagiche o volanti (operano nella colonna d’acqua).
Le reti a strascico si dividono a loro volta in tre categorie: a strascico propriamente dette (di cui la più utilizzata è chiamata “a divergenti”), a grande apertura verticale e a bocca fissa (rapidi, sfogliare e gangheri). In generale, le reti a strascico hanno un’ampia apertura verticale per catturare meglio le specie presenti sul fondo, anche se con la rete a grande apertura verticale si effettua una pesca semipelagica, poiché permette di pescare anche pesci che non vivono a contatto con il fondo. Ovviamente le specie catturate possono essere sogliole, cappesante, gamberi, granchi, lucerne, eccetera.
Le reti da traino pelagiche più utilizzate in Italia si dividono in: reti volanti a coppia e agugliare. Nel primo caso due barche trainano le reti per pescare principalmente sardine e acciughe; è opportuno sottolineare che esiste anche la rete volante monobarca. L’agugliara, invece, è una rete da traino pelagico a coppia che serve, appunto, per la catture delle aguglie.
La sciabica è un tipo particolare di rete da traino. Una barca cala la rete, compie un semicerchio e poi la salpa. Le specie maggiormente pescate sono: novellame da semina, rossetto e cicerello. Di queste due ultime specie, in realtà, la pesca è vietata secondo il Reg. CE 1967/2006, ma può essere consentita su base di deroghe di durata triennale.
Le reti da posta sono attrezzi definiti passivi, poiché si posizionano in aree dove si attende il passaggio della specie bersaglio e non vengono trainate dalle barche. Sono divise in tre tipologie: fisse, derivanti o circuitanti. Le prime sono a contatto con il fondo, le seconde sono mantenute nella colonna d’acqua, mentre le terze vengono calate in cerchio o semicerchio e il pesce viene spinto verso la rete. Il pesce pescato, infatti, è catturato perché viene intrappolato nelle maglie della rete stessa.
Le draghe possono essere trainate a mano, da un natante oppure meccanizzate e sono utilizzate principalmente per la pesca di molluschi bivalvi: infatti sono attrezzi che presentano nella parte inferiore una lama o una superficie dentata che penetra di qualche centimetro il fondale.
Gli ami probabilmente sono gli attrezzi di pesca maggiormente conosciuti e si possono suddividere in lenze e palangari (formati da un insieme di ami collegati ad un unico cavo). Le lenze, a loro volta, sono divise in: a mano, a canna e al traino (serve per simulare l’esca in movimento). Inoltre, i palangari possono essere fissi o di fondo, derivanti di superficie e a mezz’acqua in base a dove sono collocati nell’altezza della colonna d’acqua. Sono utilizzati principalmente per pescare tunnidi, pesce spada e branzino.
Le trappole possono essere fisse o mobili. Le prime sono posizionate e lasciate in loco per tutta la stagione di pesca e servono per la pesca di tonni (anche se ormai in disuso) o di anguille e passere. Le trappole mobili o nasse invece sono salpate ogni volta che si deve prelevare il pescato; sono utilizzate, in particolare, per la pesca dei cefalopodi e all’interno vergono inserite delle esche per attirate la preda.
Inoltre ci sono vari attrezzi di pesca che sono utilizzati a livello locale, come ad esempio il lavoriero che serve per catturare il pesce di valle.