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Home Acquacoltura

I piscicoltori cinesi ripuliscono le loro pratiche di acquacoltura

Mariella Ballatore by Mariella Ballatore
30 Dicembre 2016
in Acquacoltura
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Con il sovrasfruttamento del 30 per cento delle popolazioni ittiche selvatiche marine e la rimanente parte già pescata al limite, l’acquacoltura sta giocando un ruolo sempre maggiore per poter mettere pesce sulla tavola. Oggi, gli allevamenti ittici rappresentano la fonte di proteine animali in più rapida crescita, in aumento, a livello mondiale, di circa il 5 per cento l’anno.

Tra i maggiori produttori al mondo, in testa c’è la Cina, che rappresenta circa il 60 per cento della produzione di pesce di mare d’allevamento. La Cina è anche uno dei maggiori fornitori degli Stati Uniti di pesci d’allevamento, tra cui la tilapia, uno dei più popolari prodotti del mare d’allevamento venduti in America.

I pesci di allevamento hanno alcuni vantaggi ambientali rispetto ad altre fonti di proteine animali. Oltre a ridurre le pressioni sulle popolazioni di pesci selvatici, non gravano sui cambiamenti climatici. Ma l’acquacoltura su larga scala ha creato nuovi problemi, tra cui la pesca eccessiva di specie catturate per l’alimentazione negli allevamenti marini.

Oggi, circa un quarto della cattura globale di pesce selvatico è di aringhe e acciughe, che vengono utilizzate per la produzione di farina di pesce o olio di pesce.

Cao Ling, ricercatore presso la Stanford University, sostiene che la Cina è il più grande importatore di farina di pesce, il settore rappresenta circa un terzo del totale degli scambi.

Qi Genliu (Shanghai Ocean University), dice che in Cina, la crescita dell’acquacoltura su larga scala ha fatto aumentare l’interesse per la farina di pesce. Per secoli, la Cina ha allevato carpe d’acqua dolce somministrando loro erba. Un sistema che è cambiato molti decenni fa, quando è stata avviata l’industria di mangimi per pesci. “Ora usiamo i mangimi. Non è solo un metodo più efficiente, ma fa anche risparmiare lavoro”, dice Qi.

Il China Blue Sustainability Institute, prima organizzazione non governativa in Cina focalizzata sulla pesca sostenibile e l’acquacoltura, segnala la presenza di molte aziende agricole in Cina che non praticano l’acquacoltura sostenibile.

La Cina per via della sua produzione su scala industriale può fornire prodotti ittici a basso costo, dice Han Han fondatore del China Blue Sustainability Institute. “I produttori riescono a ridurre il costo unitario, ma non hanno preso in considerazione l’inquinamento massiccio,” dice. L’abuso di antibiotici e la mancanza di trattamento delle acque reflue sono tra le sue preoccupazioni.

“Gli antibiotici uccidono molti batteri. Così riducono la diversità dei microbi nell’ambiente.” Questo può portare alla formazione dei cosiddetti superbatteri che non rispondono agli antibiotici, dice Cai Yan, ricercatore presso l’Hainan University. “Non si possono combattere. Quindi, se questi superbatteri finiscono nel sistema umano e un giorno ci si ammala, non è possibile disporre di farmaci per ucciderli. Questa è la grande preoccupazione. “

Mentre il professor Cai sostiene che non ci sono casi noti in Hainan di esseri umani ammalati a causa dei superbatteri, gli acquacoltori locali hanno testato l’inefficacia di alcuni farmaci usati per curare le malate dei pesci. Alcuni allevatori hanno anche denunciato numerose morie di pesci.

Il governo ha preso provvedimenti vietando l’uso di antibiotici cancerogeni, predisponendo anche severe pene per gli allevatori che violano le norme.

A seguito delle notizie circa l’utilizzo smodato di antibiotici che superano gli standard fissati dalla Food and Drug Administration, negli ultimi anni, la domanda degli Stati Uniti è caduta. Per far fronte alla crisi, le aziende cinesi hanno iniziato ad adeguarsi alle normative di sicurezza e a promuovere pratiche rispettose dell’ambiente.

Han Xuefeng, dell’Hainan Tilapia Sustainability Alliance, sostiene che per l’industria della tilapia l’aumento degli standard di sostenibilità è una questione di vita o di morte. “Dal momento che i prezzi sono scesi nel 2014, abbiamo capito che ci troviamo sull’orlo di una crisi.” Ma Han, ex manager di un impianto di trasformazione di pesce, sta cercando di vedere il bicchiere mezzo pieno. Ha accettato un taglio di stipendio quando è stato assunto Hainan Tilapia Sustainability Alliance, ed è determinato a lottare per la sopravvivenza del settore. “Quello che dobbiamo fare ora è trovare il modo di promuovere una produzione sostenibile”, dice Han.

L’associazione di Han sta puntando molto sia sulla sostenibilità sia sulla tracciabilità del prodotto. Ma l’idea di base è quella di muoversi insieme a tutti i produttori del paese. Si parte dalla formazione professionale degli allevatori per arrivare fino al ottenimento della certificazione internazionale dell’acquacoltura sostenibile da parte di terzi.

 

Tags: acquacolturaI piscicoltori cinesi ripuliscono le loro pratiche di acquacolturasettore ittico
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Co-founder e Direttrice di redazione. Pubblicista dal 2006 racconta il mondo da oltre un trentennio attraverso giornali, televisione e radio. Come conoscitrice del settore pesca e acquacoltura è stata più volte invitata a moderare e relazionare in convegni organizzati tra gli altri dalla Conferenza Episcopale Italiana – Ufficio nazionale dell’Apostolato del Mare, AquaFarm, Blue Sea Land.

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