Con l’arrivo dell’estate, molte persone andranno in vacanza al mare e si appresteranno a mangiare piatti di pesce, crostacei e molluschi. Una volta finito il pasto, si ritroveranno sul tavolo una ciotola con dentro i gusci di cozze e vongole, ad esempio, ma che fine fanno questi sottoprodotti (quasi 7 milioni di tonnellate)?
Innanzitutto è opportuno sottolineare che non possono essere buttati nell’umido, poiché questo è finalizzato alla produzione di compost da usare come fertilizzante. Infatti, il guscio dei molluschi bivalvi è composto da carbonato di calcio (90-95%), fosfato di calcio e conchiolina (una sostanza proteica): tutto ciò rende il guscio di natura inorganica e di composizione calcarea, incompatibile con il processo accelerato di compostaggio. Perciò, avendo una decomposizione lunga, devono essere gettati nell’indifferenziata, anche se questa pratica è dannosa per l’ambiente ed è uno spreco di biomateriali riutilizzabili. Tuttavia, è meglio informarsi nel proprio comune poiché pochissimi impianti in Italia riescono a trattare questo scarto.
I gusci dei molluschi bivalvi, però, possono avere anche una seconda vita e quindi non essere considerati come rifiuti o scarti. Innanzitutto, i gusci delle ostriche sono i più facili da riciclare, poiché le ostriche più piccole usano i gusci di quelle più grandi. Quindi possono servire per ricostruire i banchi di ostriche o avviarne l’allevamento. Inoltre si usano anche per mantenere sciogliere già esistenti, rispristinare gli ecosistemi degradati e creare habitat per pesci e crostacei per la pesca commerciale (per maggiori informazioni: oysterrecycling.org). Inoltre, grazie alla loro composizione, possono essere utilizzati per il controllo dell’acidità del suolo in agricoltura, come integratori per mangimi di galline e come ingrediente per la produzione di cemento. Nel 2014, infatti, in Italia era stato fatto, sotto un profilo normativo e giuridico, uno studio per l’utilizzo di gusci di bivalvi per contrastare l’erosione nella laguna di Venezia. In particolare, si è cercato di dimostrare che non sono classificabili come rifiuti, ma come sottoprodotti: infatti, dopo una desalinizzazione ed essiccatura, possono essere utilizzati per la produzione di cemento o il riempimento delle burghe, cioè dei “salsicciotti” utilizzati contro l’erosione. Quindi questi si possono utilizzare successivamente ad una richiesta e autorizzazione da parte dell’amministrazione competente, quindi la regione.
In aggiunta, già nel 2013, alcuni ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Chimica dell’Università di Bath (Inghilterra), avevano scoperto che i gusci delle cozze (in particolare l’ossido di calcio) potevano essere utilizzati nel trattamento dei reflui. Quest’ultimo è composto da tre fasi: nella prima di rimuovono i rifiuti solidi e gli oli, nella seconda si filtra l’acqua e nella terza si migliora la qualità dell’acqua rimuovendo i contaminanti finali come i fertilizzanti e i farmaci. I gusci possono essere utilizzati nell’ultima fase come fotocatalizzatore alternativi per il biossido di titanio.
Tuttavia, anche se i gusci dei molluschi bivalvi possono avere molte vite secondarie, la normativa, per il momento, è orientata allo smaltimento piuttosto che al riciclaggio di questi prodotti. Quindi, il mio consiglio, è di diventare creativi per riutilizzarli nell’ambiente domestico, come centrotavola, arredo (ad esempio in barattoli), porta candele, collane, vialetti, eccetera.