Il consumo di pesci crudi o marinati affonda le proprie radici storiche in molte zone costiere del mondo.
Il gusto acido, agro ed agrodolce, dominanti in tutta la cucina medievale europea, con largo uso di aceto, agresto (ottenuto da uve acerbe), succhi di agrumi, succhi di frutti acerbi o foglie acide (come l’acetosella), permeano tuttora il nostro patrimonio gastronomico.
La carne dei pesci, che contiene una discreta quota di tessuto muscolare e scarso connettivo, è in generale più tenera e digeribile della carne degli animali terrestri e si presta maggiormente ad un consumo crudo. Tagliata sottilmente e opportunamente insaporita con un buon olio extra vergine di oliva, succo di limone ed erbe aromatiche fresche, presenta un modesto valore calorico, apporta proteine e grassi di buona qualità, conservando l’originale contenuto in vitamine (tiamina, riboflavina, piridossina) e minerali (ferro, zolfo, sodio, fosforo, potassio, iodio, zinco).
Il succo di limone consente la denaturazione proteica, che migliora la digeribilità delle masse muscolari. Oltre ai pesci, vengono consumati crudi anche i molluschi cefalopodi (seppie, polpi, calamari), i molluschi bivalvi (ostriche, vongole, cozze, ecc..), i crostacei macruri (aragosta e gamberi), i brachiuri (come la grancevola), nonché i ricci di mare (che sono echinodermi).
Le carni dei crostacei e dei molluschi, in particolare dei cefalopodi, presentano un tempo di digestione maggiore rispetto ai pesci, perché ricche di connettivo. Quando consumate crude, esse presentano pertanto una modesta digeribilità di cui si deve tener conto soprattutto se destinate a bambini ed anziani.
Per effettuare la marinatura il pesce (talvolta prima cotto) viene posto in aceto, sale e spezie; per garantire una maggiore conservabilità può in seguito essere inscatolato e sterilizzato. L’acido acetico, analogamente al succo di limone, favorisce la denaturazione proteica, rendendo più digeribili le masse muscolari, ed esercita, come il sale, una blanda azione conservativa.
Il pesce ed i prodotti della pesca vantano tutte le caratteristiche nutrizionali tipiche del I° gruppo degli alimenti (classificazione SINU). Tra queste si evidenziano principalmente le proteine ad alto valore biologico, mediamente il 16-20% (del peso a crudo); la presenza di lipidi saturi; quantità variabili di colesterolo (soprattutto nelle uova, nei molluschi bivalvi e nei crostacei) e, specialmente nelle specie ittiche dei mari freddi, acidi grassi essenziali della famiglia omega3.
Il profilo nutrizionale dei pesci marinati varia in relazione al prodotto ma sostanzialmente differisce poco dall’analogo crudo: l’anguilla marinata presenta un maggior contenuto ma un minor contenuto lipidico; l’aringa marinata ha un valore calorico globale leggermente inferiore e conserva intatto il patrimonio vitaminico e minerale. Il pesce crudo rispetto a quello cotto consente di mantenere integre le vitamine termolabili come la tiamina (vitamina B1), la riboflavina (vitamina B2), l’acido pantotenico (vitamina B5) ed il tocoferolo (vitamina E) ed inoltre consente di assorbire una maggior quantità di acidi grassi essenziali nutrizionalmente utili.
Per la valutazione dietetica dei prodotti marinati occorre considerare che alla loro intrinseca composizione si affianca la presenza dell’aceto, controindicato per i soggetti affetti da gastriti ipercloridriche ed ulcera gastro-duodenale, nonché una discreta quantità di sale, che può aggravare alcune patologie come l’ipertensione. I prodotti della pesca consumati crudi pongono tuttavia diversi problemi di sicurezza per il consumatore. I numerosi controlli sono tesi ad individuare la presenza di sostanze chimiche derivanti dall’inquinamento dell’acqua (come mercurio, cadmio e piombo) e la presenza di tossine sintetizzate da alghe unicellulari che vivono in acqua dolce e salata, responsabili di gravi episodi tossici.
I prodotti devono essere esenti da contaminazioni microbiche in grado di provocare tossinfezioni alimentari, poiché viene a mancare il contributo sterilizzante del calore. È inoltre importante che le masse muscolari del pesce crudo o poco cotto non siano infestate da Anisakis simplex, un nematode responsabile di un’importante sintomatologia a carico del tratto gastro-intestinale umano.